Di violenza in Rete si sente parlare, purtroppo, ogni giorno. Noi operatori della Polizia di Stato non ci stanchiamo mai di ripeterlo: gli adolescenti hanno bisogno di essere educati e guidati alla sicurezza, in Rete come per strada. Anche quegli atti di prevaricazione definiti come “bullismo”, tipici dell’età scolare, si sono spostati sui social e su quelle applicazioni di cui nessun adolescente, ormai, può fare a meno se non vuole sentirsi escluso dal gruppo, ma che spesso danno vita al cyberbullismo. La legge del 2017 ha definito il fenomeno come qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, trattamento illecito di dati personali, realizzata per via telematica allo scopo di isolare un minore o un gruppo di minori, ponendo in atto un serio abuso o la loro messa in ridicolo. Per prevenire importante è l’azione educativa nelle scuole, che vede da sempre, costantemente, impegnata la Polizia di Stato, insieme agli insegnanti ed ai dirigenti scolastici. Altrettanto importante è che la vittima sappia come tutelarsi e che per farlo non deve, necessariamente, sporgere una denuncia. Esiste, infatti, come per gli atti persecutori, o stalking, la possibilità di chiedere al Questore l’ammonimento, misura che può essere disposta nei confronti dei minorenni che hanno più di 14 anni, responsabili di cyberbullismo, se non è stato commesso un reato perseguibile d’ufficio. L’ammonimento è uno strumento di tutela che, oltre ad essere rapido, non coinvolge il cyberbullo nel circuito penale. Gli effetti del provvedimento stesso cessano con la maggiore età dell’ammonito. Lo strumento non manca, comunque, del carattere educativo proprio di ogni misura dedicata ai minorenni in situazioni di devianza: il cyberbullo ammonito sarà sempre invitato ad un percorso che gli faccia comprendere il disvalore dei propri comportamenti. leggi tutto
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